Da questo punto del paese l’ossatura di Coldazzo è chiara: il numero delle case, l’immersione totale nella natura, la sua posizione tra Urbino, Riceci,  Colbordolo e Montefabbri, nascosta e pure a pochi minuti dalla statale che oggi collega Pesaro e Urbino e che percorriamo velocemente. Sembra un luogo lontano da tutto, dove la natura sovrasta la cultura, ma non è così e in particolare le ultime generazioni stanno realizzando  una delicata operazione di valorizzazione culturale della memoria del luogo. 

La  vita di questo paese è stata  per lo più  una vita rurale. Tra le poche attività diverse, tra Gallo di Petriano e Coldazzo, c’è stata l’azienda di tabacco di Donati di Mercatello; prima della seconda guerra mondiale tra Pallino e Coldazzo si era sviluppato anche una attività di contrabbando del tabacco. 

Oggi molti abitanti di Coldazzo hanno occupazioni diverse da quelle agricole, ma mantengono un legame fortissimo con la natura circostante e con le attività stagionali del mondo agricolo: la caccia, la vendemmia, ma soprattutto l’atmosfera di accoglienza: il bicchiere di vino sempre pronto quando si entra in una casa e le occasioni di festa e di incontro. 

Nel 2008 gli abitanti hanno realizzato un piccolo volume che documenta la ricostruzione della vita contadina negli anni ‘50/’60, quando l’attività agricola ha subito la grande trasformazione dei mezzi meccanici: tutta la comunità ha partecipato a ridar vita alle scene di vita quotidiana ricostruite con le immagini delle foto di famiglia e grazie ai racconti dei più anziani.

L’attenzione delle generazioni più giovani verso le radici del luogo sta portando una nuova consapevolezza ed una declinazione culturale della propria storia così che   il bagaglio  di memoria delle generazioni precedenti diventi patrimonio condiviso e identitario. 

In quest’ottica si legge la ricerca su brigantaggio e sulle incursioni della Banda Grossi a Bucaferrara, a Pontevecchio,  con la complicità del fiume Apsa su cui Coldazzo si affaccia; ricerca che ha prodotto  un noto film prodotto nel 2018; in quest’ottica si legge tutto il movimento nato intorno alla salvaguardia di Riceci, una zona sopra Gallo di altrettanto interesse soprattutto naturalistico con le leggende che racconteremo nella tappa 7; importante è la trascrizione e la raccolta di storie e di fotografie delle famiglie della zona e delle leggende raccontate davanti al camino, come quella del vitello d’oro raccontata nella tappa 2 e come quelle legate alle grotte, che si dice collegassero un tempo Coldazzo a Montefabbri (forse perché antichi castelli) o agli spiriti che hanno vigilano sulle botti e sui sogni ( tappa 4, 7).

L’humus agricolo ma soprattutto ancestrale, identitario, istintivo e intriso di leggende è stato colto perfettamente da un artista che in anni recenti   ha vissuto per un po’ di tempo in questa zona, immergendosi nelle campagne. Si tratta di Sergio Michilini che così racconta negli anni ’90 la sua permanenza. “Per diversi anni visse e  lavoro’ a Montefabbri  il Maestro AURELIO C., uno dei pittori più importanti della seconda generazione del neorealismo italiano. 

Oltre che essere un collega è diventato anche un carissimo amico e, nel 1995 mi ha ospitato per un paio di mesi nella sua casa/studio di Montefabbri. Io venivo da una Nicaragua pesante con problemi di vario tipo soggettivi e oggettivi e avevo bisogno di ritemprare l’anima, lo spirito e il “mestiere. Avevo bisogno di dipingere all’aria libera o, come si dice“En plein air”o anche “sur le motif”. E, per un pittore, Montefabbri e i dintorni sono davvero un “motif” affascinante, a qualsiasi ora del giorno e, nel mio caso, non per dipingere “impressionista”, ma per lavorare “solido”, come i grandi del ‘400, cercando la luce dei colori, o meglio i COLORI DI LUCE. O almeno, questa era l’idea. E devo dire che ho dipinto ininterrottamente per questi due mesi, direi piuttosto bene, con un clima e ambiente veramente favorevoli. Anche grazie alle grandi e variate spaghettate che Aurelio preparava….mi segnalava a distanza che stava buttando la pasta quando appendeva alla finestra un asciugamano bianco. E’ stato uno dei momenti più belli e vissuti della mia vita.(…)

Nel catalogo per una mia mostra, nel 2003, ricordando questi momenti, Aurelio C. mi ha regalato questo commovente scritto:  Sergio a Montefabbri Mi ricordava sulla strada ogni giorno, il Courbet de “l’Incontro”. Sergio se ne andava per le campagne, sui dossi alberati, sui colli col suo carico affardellato, la sua attrezzatura per dipingere: la cassetta dei colori, la tela tesa sul telaio, il seggiolino pieghevole…la borraccia con l’acqua…la sua alta persona si perdeva nel verde tra i fusti neri del bosco, a guardar bene dal basso, dal paese lo si intravedeva poi intento al suo lavoro, per ore; mi ricordava Courbet anche se lui nel gran silenzio non incontrava nessuno. (…) egli tornava dal Nicaragua e aveva bisogno di spegnere il fuoco del suo spirito nella dolcezza di questa campagna, nella pace di qui, nella luce di qui e di questa umanizzazione antica della natura di qui, di questo paesaggio”.

Si possono vedere tutti i suoi dipinti su questa pagina..

Uomini colti non sono mancati a Coldazzo anche in passato

Benché fosse un castello di piccole dimensioni, Castrum Coldatii ha dato i natali ad alcune personalità di spicco nel panorama culturale del 1400 e del 1500. 

Ser Antonio di Sante de Strullis fu certamente il personaggio più importante: precettore della giovane Costanza da Varano (1426-1447), servì lungamente i Malatesta, signori di Pesaro e la comunità cittadina, in qualità di sindaco della città pesarese, notaio, ambasciatore della corte malatestiana. Lorenzo da Coldazzo, che nel 1470 Costanzo Sforza raccomandò a Lorenzo de’ Medici, per l’assegnazione dell’ufficio dell’Arte della Lana a Firenze. A Coldazzo nacquero artisti come Valpino, che fu anche ingegnere a servizio di Francesco Maria I della Rovere e molto attivo nella Roma cinquecentesca; sempre nel XVI secolo, Giovan Agnolo da Coldazzo, autore di alcuni affreschi nell’abbazia dei Santi Filippo e Giacomo dei Forquini (1566) e l’oratore e poeta Tommaso Dadi.